Racconto pubblicato all’interno del sito art a part of cult (ure) nel 2013 nell’omonima rubrica a cura di Gianni Piacentini.

In questa fine d’anno tra libagioni di varia forma e colore, nella densità dilatata di varie profezie, eternamente in simbiotica disarmonia tra di loro, mi giunge una curiosa missiva, da un’artista ( specie curiosa ) che sicuramente ho conosciuto ma mai incontrato, presente nell’assenza delle nostre impossibili frequentazioni.

Vivo in una dimensione esterna e periferica, e vengo sovente rimproverato di non muovermi a sufficienza nel mondo, ma io credo che ciò che ci è destinato ci arrivi, secondo ineluttabili quanto imperscrutabili leggi, di ordine divino, naturale, umano e culturale. E che la vita vada vissuta senza eccessivi sforzi. In questo luogo mancai per poco, ma non per volontà, né per disattenzione o incuria, un incontro. Il rendez-vous mancato è stato con Bernardino Di Betto ( detto Pintoricchio…o Pinturicchio? ) a dirla tutta, la mia ricerca fu pigra e feconda di divagazioni e deviazioni, e fu proprio una di queste che mi rivelò l’esistenza di un luogo del contemporaneo, celato da storici dell’arte invidiosi e vendicativi…Voci frammentarie indugiavano sull’esatto contenuto e sulla sua collocazione geografica e temporale, conoscevo soltanto la sua denominazione temporanea, anch’essa destinata a cambiare, nel caso specifico, si sussurrava, ogni 15 giorni, ma qualcuno sosteneva che il cambiamento avvenisse più volte nella stessa giornata e che il tempo, lì dentro, avesse uno scorrere tutto suo. Il nome ( temporaneo ) di questo luogo ( ormai scomparso ) era questo: “ Wunderkammer ( camera delle meraviglie ) ”.

Le voci riguardanti questo luogo erano molteplici e disparate…la prima riguardava la sua introvabilità, per trovarlo, bisognava essere accompagnati da guide munite di intelligenza, buon senso ed una bussola astronomica. Erano poche, introvabili, ed estremamente irascibili e rissose. Le leggende sui poteri della camera si sprecavano, c’era chi giurava di aver visto Malevič e Burri ragionare sulla densità del nero…Fidia discutere con Paolini sull’uso improprio e scorretto della mimesi…Raffaello litigare con Perugino sul pagamento degli straordinari…

Dopo non poche peripezie, arrivai insieme alla mia guida alla Wunderkammer. Entrare non fu impresa facile, dovetti dimostrare la mia determinazione battendomi con uno storico dell’arte, declassato a guardiano giornaliero, in un’aneddotica inutile e snervante, sul fatto che se un’artista non sa disegnare non è un’artista.

Penetrato all’interno, trovai le impronte di una figura che un tempo era in posizione eretta, a terra un abito talare che ne rivelava ( attraverso inequivocabili indizi ) l’adesione ad una religione ( o ad una filosofia? ) ormai dimenticata, ma che, sottotraccia ha ancora qualche fedele, nostalgico e irriducibile. Le impronte non lasciavano dubbi, vi erano stati pennelli, tele, tavole, libri….ed un profumo intenso, che ricordava riti e lavoro…sicuramente vi era stato esposto qualcosa di terribile…e non era la prima volta. All’uscita ( so che non mi crederete ) incontrai Pinturicchio ( o Pintoricchio? ) che mi chiese se avevo visitato la sua mostra, e se mi era piaciuta. Risposi affermativamente ( una bugia che mi tormenta ancora oggi ). Passò del tempo, girovagando negli spazi periferici del margine temporale del centro, mi ritrovai, di nuovo, al cospetto di ciò che era stata la Wundekammer, ( ora, fedele alla sua tradizione non scritta, aveva cambiato nome, ed era in attesa della sua nuova nominazione, ma curiosamente, almeno dall’esterno, aveva mantenuto la sua dimensione, ma geograficamente si era spostata, ruotando su sé stessa ) e quale stupore e meraviglia…nel vedere, in una carta dalla strana grana e consistenza appesa sulla porta, in una grafia elegante ma incerta, vergato il mio nome come prossimo abitante temporaneo designato a lavorare, frequentare ed incontrare temporaneamente, rigorosamente ad invito, sconosciuti conosciuti e conosciuti sconosciuti, di cui io ignoro, totalmente, esistenze e collocazioni…L’abitare questo spazio certificava la mia appartenenza in vita ( almeno in questa ) a qualche strana forma d’arte, e le future frequentazioni sarebbero state ( inevitabilmente ) con artisti ( specie curiosa ) ma non solo. Ma allora ero un’artista anch’io? Poteva anche essere ( in effetti qualcosa mi era arrivato all’orecchio ) ma come è potuto succedere? Ci si nasce o ci si diventa? Come si vive da artista, si vive come tutti gli altri? Cosa fare con i manufatti che produciamo? Si potrebbero vendere? Perché le persone ci guardano in modo così strano? Probabilmente chi poteva rispondere a queste domande appartiene ad un passato dimenticato, di cui non si parla e di cui nulla è rimasto, se non leggende e storie che si narrano sottovoce, ed esclusivamente ad un ristretto gruppo di eletti, chiamati a perpetuarne la storia e la tradizione. Allora i miei disegni, i dipinti, i libri, la musica, la condivisione, la curiosità, la solidarietà…non sono un vezzo od una bizzarria esatta in un mondo inesatto..ma sono elementi volti a creare un disegno più grande, bellissimo nel suo eterno divenire, dove ognuno di noi è chiamato a contribuire con un verso…una forma…un colore…una nota..a costruire quella filosofia ( o era una religione? ) dimenticata, di cui ignoravo l’esistenza, e che mi è stata rivelata nella camera delle meraviglie, dalla mostra che non ho visto.